appena nato dalla parte di sotto, questo blog è un inno alla parte sbagliata. quella che riguarda un po' tutti, bene o male. ma senza pretese

mercoledì 17 dicembre 2008

Far niente

C'è ancora tempo. Il rientro al lavoro sarà tremendamente reale alle prime ore del prossimo mattino. Per il momento, trascorro questa breve pausa tra pennellate di rosso alla mia nuova libreria e di azzurro arancio distese dalle cime all'orizzonte meraviglioso che si fa ammirare da qui. Non è la voglia di lavorare che manca, o forse non manca del tutto. Ma questo tranquillo scivolare del tempo mi stimola a pensare che se fossi un milionario e non avessi la necessità di trovarmi un'occupazione, davvero non credo che riuscirei a fare granchè e non starei poi così bene, cosa di cui invece a volte sono convinto. Finirei per addormentarmi nel tepore che sprigiona il dolce far niente, non pennellerei nemmeno e non creerei nulla, nè di buono nè di cattivo. Mi rilasserei al punto di morire in questa dolcissima paralisi. Oggi ho bisogno di fare il palloso, una riflessione ogni tanto rigenera. Ho trovato su youtube questo video in cui Gaber parla della censura e la incollo qui sotto non perchè c'entri con quello a cui stavo pensando, ma per dare spazio al libero pensiero e tenermi caro il link.

martedì 16 dicembre 2008

I Fannulloni - prima puntata

Mentre me ne sto in panciolle nella calma apparente che intercorre tra due successivi spasmi del mio corpo affetto da virosi, carico un po' di tv alternativa. Buon cinema.

giovedì 6 novembre 2008

Ego-lution

Nota per il lettore. Quanto di seguito riportato è stato tratto da un biglietto trovato in una bottiglia lanciata allo sbaraglio in un torrente in piena lungo una discesa d'asfalto. Dibattito post atomico o frammento di discussione adattato a me stesso, letteralmente "emerso" durante una sera che definisco "primordiale".
Personaggi cibernetici:
Interlocutore e ragionatore: voce narrante, l'ego della bottiglia.
Interloquito: Spessotto, eroe in balia delle onde.
Perduto Navigante: fedele servitore dell'eroe Spessotto.

Quasi tre mesi, circa il novanta per cento di un'intera stagione.
- Perduta la direzione, Spessotto?
Liberamente predisposto al cambiamento.
Il timido passaggio dall'estate all'autunno ha depositato esigue scaglie di sole sulla mia pelle di lucertola. Tonalità del corpo ingannevoli. Il viso che assume un colore sbiadito non è il segno di un'incipiente paralisi d'animo, solo una reazione all'assenza di stimoli pro melanina. Pelle scolorita, impossibilitata a ricevere neppure una esile manciata di raggi solari nel lasso di tempo di un'intera estate.
- Eppure qualcuno ti vede meglio, sembri più alto.
Meno ingobbito dalla gravità del tempo morto stecchito.
Esteriormente una tinta immutata, dunque, ma con più O2. Diaframma dilatabile, movimento elastico che si apre e si allarga per fare entrare un'aria liberatoria, respiro che stuzzica pleure danzanti, rimbalzano le molecole di ossigeno le une sulle altre come in un'esplosione in grado di dare più lucentezza agli occhi.
- Noto da qualche tempo meno venature rosse, meno capillari sul bianco.
Ossigenato nel cuore.
Addosso, insistentemente gli stessi abiti di agosto. Ai piedi l'unica differenza, un paio di anfibi nuovi, ma del modello di sempre. Pare vi sia solo un po' meno luce all'esterno e l'acqua non ha mai smesso di gettarsi dal cielo.
- Perchè dunque ritorni a noi, Perduto Navigante?
(Risponde P.N.)
Il punto d'attracco, interlocutore, decisamente cambiato!
Essenzialmente, ho aggiunto una doppia variabile alla mia terza vita.
La prima, in progetto da tempo, è in fase di ultimazione. La casa semi pronta ad accogliere giornate viste da angolazione diversa. Con la seconda variabile cambia non solo l'angolazione, ma tutto il sistema si inarca in una curva vertiginosa, esponenzialmente capace di progredire alle stelle se messa in relazione alla prima. Ho messo il naso in un nuovo lavoro, impegnativo oltre misura ma reggo ancora bene. Sento anche riprendersi il ritmo del corridore che non ricordavo.
- E cosa fai nella vita? (chiede incuriosito P.N.)
Confidenzialmente, costruisco e distruggo. Consumo e produco energia atta ad essere divorata di nuovo. Ebbene cavalco lo spirito del mio tempo, cosa volete che sia. Ogni individuo ne è inesorabilmente addestrato! Ma è ancora possibile mutare se non l'intero processo, almeno la singola azione. Non importa chi sei e quello che hai. Considera per una volta il come, in che modo sei e cosa dai in più a quello che hai. Considera l'angolazione delle cose.
Assolutamente vero, produco e consumo, ma anche la più derelitta tra le omologhe vite può levarsi in uno slancio letterario. Ogni risvolto può elevarsi a letteratura, la fatica soprattutto e il lavoro e la vita nuova e quando ciò accade l'esistenza raggiunge il suo imprevisto amplesso creativo.
E tu prendi nota, mio servitore. Dai fiato all'essere che assorbe luce se posto a mezzogiorno, prende colore ogni volta che vive, rivive, si sgretola come il cielo nel vento in centinaia di esseri immaginari che l'uomo ha chiamato nuvole. Ogni volta che muta, che cambia la voce, tu prendine il tono. Non riportare te stesso, forma la creta che ti racconto, obbedisci e ogni tuo desiderio avrà soddisfazione.

venerdì 8 agosto 2008

Faccioni

Beh, non è niente male questo Facebook. Quante facce, pensavo che il tempo le avrebbe cambiate e invece sono sempre loro. Non sono ancora molto pratico, ma ho ritrovato alcune persone sparse per il web, tra queste pure mia cugina americana che avevo dato per dispersa, fantastico...Certo, come tutte le cose innovative per me o diventerà una droga oppure mi scazzerò entro breve. Però, per il momento, è divertente. Enjoy it!

mercoledì 6 agosto 2008

Pigi

Accade che una sera d'agosto ti ritrovi con meraviglia a casa di sconosciuti, coniugi ognuno con una propria vita scorticata. Lei rumena dai capelli viola, una tinta fatata per nascondere il grigio invadente della vecchiaia anche su una pelle tirata est-europea. Lui evidentemente canuto, sbiadito in capo ma non sul viso, ancora rosso-iroso-sanguinolento.
Uso termini appropriati per come mi sono apparsi immediatamente quei due personaggi, trattandosi di tale categoria di creature immortali.
Donna triste Marga, d'importazione, la voce pietosa e rotta da un crollo emotivo per la durezza dell'uomo. Il suo compagno, colui che ha rapito quasi tutta la mia successiva attenzione. Uomo di strada, umiliato dalla vita, offeso, quasi ottocentescamente russo. Triste come non mai, perchè incazzato nel profondo e truculento nel gesticolare e nell'iperbole dei suoi atteggiamenti.
Forse si tratta di Pigi. Sceneggiatore, romanziere in bolletta, poeta, compagno comunista, il vecchio Paolo etc..., iroso radicale, ateo, esoterico, sulla perduta via del demonio che pare abbia preso il sopravvento sulla sua anima negli anni della senilità.
Non so cosa davvero lo abbia portato a tale tristezza, un'insofferenza per l'ingrato destino di un illuso grande uomo, un'arretratezza che non ha eguali nel riferirsi alle lotte, agli amori, alle esperienze geniali e scellerate dei suoi anni settanta.
Non li sopportavo, quegli occhi di fumo, così come la mia indole più salutistica in questo periodo non ammetteva per nulla al mondo la presenza di quel sigaro scortese.
Ho odiato quella bocca larga e guastatrice, rimpianto il mio impossibile momento di amore sulle labbra di Carmen, così troppo lontana da me quella sera, da quelle strade scure che dilatano il cuore di Cavona nel perso del bosco.
Ho temuto, lo giuro, un agguato nella sua camera sudata, atrofizzata in cima a un groviglio di scalini fatti per reggere una sola persona alla volta. Ho rovistato tra i dischi alla ricerca di sicurezza che solo la musica in certe situazioni sa dare. Come per un effetto alchemico ho sentito la plastica diventare bronzo, uno scudo armonico e possente atto a proteggere il mio animo nudo e ingenuo in quell'aria crepuscolare.
Non ho trovato nulla che fosse sicuro, nè intorno alla mia figura contratta, nè dentro il torvo delle sue parole sputate come una spessa tela di ragno, in quelle stanze morte. Ma ho la certezza che non lo abbia notato, preso dal suo io rigonfio, come un membro alla ricerca di sgualdrine, oppure una nave spezzata in brandelli nel maremoto. Questa è la storia spremuta della sua vita, una catastrofe marina, lunga una notte intera, ricolma di sale e dolore.
Eppure Gino pare si sia fidato. Gino il ligure, il mediterraneo. E forse anche per questo oggi risiede per me tra gli immortali.

Biografia contratta di Pigi, tratta da Tex "Il marchio di Satana" n. 248, anno 1981.
Paolo Ghelardini nasce a Roma il 29 settembre 1944. Vive in Lombardia dal 1950. Si laurea in Lettere e nel contempo fa esperienze in svariati campi. E' investigatore privato per "L'investigatore Commerciale" e paroliere di musica leggera. L'incontro con Fulvio Scocchera e Silverio Pisu lo porta ai fumetti. Collabora con i Fratelli Fabbri come giornalista e scrive le sceneggiature di "Messalina" per la RG. Nel 1972 scrive parecchi copioni di genere horror per la Edifumetto. Riprende per la Ediperiodici i personaggi di "Bonnie" e di "Goldrake". Sempre per lo stesso gruppo editoriale sceneggia "Oltretomba", "Terror", "Terror Blu", "Storie Blu" e "Storie Nere". Nel 1973 l'editore Viano gli affida "Vartan" che sceneggerà fino al 1977, oltre alla nuova serie di "Misterlady". L'indiana bionda è resa graficamente da Sandro Angiolini, mentre il nuovo eroe bisessuale è interpretato da Leonardo Gagliano e da Enea Riboldi. Nel 1973 per la UP International di Torelli-Fasani dà vita a "Johnny Honda", eroe contestatore in moto disegnato da Renzo Savi ed Edoardo Morricone, nonché a una personale interpretazione della vita di "Petrosino". Per lo Studio Origa scrive "Rolly Royce" e "Lady Lust". In collaborazione con Pisu sceneggia "Tom Boy", disegnato da Nadir Quinto e ospitato sulle pagine del "Corriere dei Ragazzi". Ancora per la Edifumetto sceneggia "Frankenstein", "Lupo Bianco", "Candida", "Pompea" e parecchi episodi di "Vampiro", "Vampirissimo", "I Notturni". In collaborazione con Remo Pizzardi scrive gli ultimi trenta episodi di "Lucifera", disegnati da Marchioro. Su "Eureka" pubblica la storia "Portafortuna" con disegni di Piercalo Macchi. Per "Adamo" ha creato i personaggi di "Jonesco" e "Angel & Angel" resi graficamente dallo Studio Origa. Suo hobby prediletto il cinema in super-8. Si firma con lo pseudonimo di "Pigi".

venerdì 1 agosto 2008

Paura, eh?

In questo periodo si fa un gran parlare della mancanza di sicurezza nelle città italiane, a detta dei ns. governanti priorità assoluta e imprescindibile.
E in effetti come dar loro torto: in Italia siamo talmente ingenui e minuti da aver paura di tutto, vero? Abbiamo paura ad esempio dei rumeni, tutti sia chiaro, perchè (a noi!) non piace fare distinzioni, ma non di quei padroni che li assumono in nero e gli fanno fare il lavoro per quattro finché durano; degli zingari che ci rubano le grondaie e i risparmi in casa, ma non di quei banchieri che ci risucchiano tutto il possibile come facevano (una volta?) gli usurai.
Abbiamo paura di invecchiare da soli e così lasciamo che tanti giovani non abbiano uno stipendio regolare per trovarsi una casa, così ce li possiamo tenere stretti in famiglia (la nostra, perchè loro non se la possono permettere).
Siamo terrorizzati da assassini che affollano luoghi di vacanza, spacciatori e stupratori che si aggirano per le strade come nei thriller. E per sentirci al sicuro mandiamo i soldati novelli sulle strade a difenderci dai maniaci, dai pazzi, dai drogati.
E non muoviamo un dito quando cercano di convincerci di tutte queste temibili insidie con tutti i mezzi, ce le fanno vedere al TG, ci condiscono tutti i programmi televisivi possibili con le più improbabili situazioni pericolose così da farci credere di vivere non in Italia ma, non so, in quei quartieri di Rio dove gli Squadroni della morte ammazzano i bambini e li lasciano per strada o magari nella savana africana.
Non abbiamo paura invece che da un giorno all'altro possano essere cambiati gli articoli cardine della Costituzione come già si è tentato di fare due anni fa. Che qualche piduista risorga dalle ceneri dopo aver conquistato il controllo dei mezzi di informazione (vedi "Piano di Rinascita Democratica" -fondamento della P2 dei tesserati Berlusconi-Cicchitto e soci).
Non pensiamo che l'uso dell'esercito per le idiozie possa essere un pretesto per poterlo mettere al momento giusto a presidio dei palazzi di governo come hanno fatto nella storia tutti i migliori dittatori.
E' un periodo che non dormo più tranquillo come una volta. Perchè mi sto rendendo conto che forse davvero è il caso di iniziare ad avere paura.

sabato 26 luglio 2008

Alì Ba Bà

Per alzare lo scudiscio occorrono le mani, se lo ricordi Ali Ba Bà...A quando un referendum sulla legge del taglione?

mercoledì 23 luglio 2008

Traveggola pomeridiana

Non ci sono salito, ma ci sono arrivato vicinissimo. Era lì ferma eppure così viva, di ferro che sembrava battuto, nera come un'amazzone, incatramata all'asfalto di un piazzale confusionario. Tra scatoloni ammassati, rottami da riciclo, un'imponente Dodge decappottabile piazzata all'ingresso di un magazzino per rigattieri. Sogno o son desto, è targata in arabo, idiogrammi in rilievo, tre lettere indicano SIR che forse sta per Siria? Una certezza, se non è un falso: esiste una Dodge mediorentale di non so quale anno parcheggiata fuori dal Portobello di Cuveglio, andate a vedere. Carrozzeria d'ebano, lucente, di ferro pesante, ruote alte mezzo metro e larghe per sopportarne l'avanzare imponente. Pare sia funzionante. Sedili rivestiti violetto, spudoratamente invitanti. Un po' signora del piazzale, un po' puttana questa Dodge pomeridiana. Due larghe pedane di legno invitano a montare sul destriero a motore, a impugnare il volante e la manopola del cambio allungata come un arto nel centro dell'abitacolo. Avrei potuto anche salirci, c'era un uomo che la faceva sua a parole e quasi mi ci buttava dentro per il gusto dell'iperbole. Ma ho resistito, dato lacrime agli occhi prosciugati dal caldo, e ho pensato per un attimo ai capogiri che colpiscono alcuni beduini nel deserto del Sahara. Lasciandomi a mollo nei miei gorgheggi esistenziali, quelli che amo ascoltare da solo quando mi dedico esclusivamente a un impegno fisico e non mentale, ho varcato la soglia della mia auto -piccolissima e grigia-, azzerato i pensieri guidati e fatto rotta verso casa, la coda dell'occhio fisiologicamente attenta a imbrigliare i dettagli di ciò che intorno è fugace.

martedì 22 luglio 2008

Poca trippa per gatti

Un mese e un giorno d'estate e date le disarmanti condizioni atmosferiche finora ho fatto visita una sola volta alla spiaggia di Cerro...Solo una nota positiva: pare che almeno quest'anno los vigilantes dal taccuino caldo gireranno al largo...

domenica 20 luglio 2008

Polli di allevamento a Gavirate

Sabato inedito per Gavirate, nella stessa sera Van De Sfroos e Giulio Casale a poche centinaia di metri di distanza.
Il primo ormai alla portata di tutti, raccoglie fans di età varia, canta in dialetto ballate alla Bruce Springsteen, diviso tra folle da stadio e divertenti balere sul lago. Non mi è mai piaciuto più di tanto, ma sicuramente ha carisma ed è apprezzabile in alcuni suoi brani, in fondo è un cantautore che si è guadagnato "la gloria" a suon di concerti e poche parole e per questo merita il massimo rispetto.
Il secondo è un artista che seguo da una decina di anni e che fin da subito mi ha stregato per i testi, le musiche e il modo di stare sul palco.
Alto, agile, gesticola in modo teatrale e si fa chiamare Estremo. Giulio "Estremo" Casale è l'anima degli Estra, gruppo rock veneto autore di un paio di dischi che secondo me sono tra i migliori degli anni '90 per l'underground italiano, Metamorfosi e Alterazioni.
Dopo i lavori con gli Estra, che ancora proseguono ma molto meno intensamente, ora Casale si cimenta nel teatro-canzone, riproponendo Gaber. Ieri sera al Chiostro di Voltorre ha messo in scena "Polli di Allevamento" un'opera intensa del '78 intrisa di anticonformismo e profondamente integrata nella realtà di oggi.
Al di là dell'effetto scenico, palco magnificamente essenziale ed evocativa somiglianza fisica e vocale tra Casale e il Signor G, sono rimasto colpito dal rispetto dell'interpretazione nei confronti del testo originale e dei suoi autori (Gaber-Luporini). Mai fuori schema, mai eccessivo, preciso nei tempi e nei movimenti, non un'imitazione scimmiottesca ma una totale incarnazione del personaggio, sia fisica che intellettuale. Uno spettacolo tutto sommato per pochi, forse un centinaio di persone sedute nel cortile del Chiostro, ma sicuramente di grande qualità.

martedì 15 luglio 2008

Virgola. Tom Waits

Al di là del fatto che non sono un Clouseau e quando scopro le cose io sono già fiorite da un pezzo, comunque ieri passeggiando per Milano incontro il faccione di Tom Waits espanso in un manifesto gigante, esattamente lui, il mago che mi guarda da sotto il cappello e mi sputa addosso un ghigno, spargendo tutt'intorno qualcosa come polvere d'oro o simili ricchezze...
Proprio tu?! penso, ficcandomi le mani in tasca con un gesto d'istintivo rovistamento. Il vecchio Tom che torna in Italia dopo un digiuno di nove anni. E prima di allora era venuto forse un'altra volta e basta.
Non c'è che dire, penso, giornata strepitosa. Vieni una volta a Milano e ti imbatti in uno così...ti gracchia qualcosa in inglese da là in alto...c'mon gra graaa...c'mon playin' grrr...Sì! Devo trovare un biglietto. Di corsa alla metro, infilato nell'intestino suburbano. Cosa avevo da fare? Non importa. Devo arrivare veloce a casa.
Certo, il concerto è giovedì, c'è tempo. Tempo?! Massì, ripete anche il venerdì! E poi sabato, perdio!

Ancora non lo sapevo, e lo avrei scoperto solo qualche ora dopo sulla home di un sito per prenotazioni telematiche. Si erano mosse a ragione, le mie lunghe dita fatte per cavare ragni dai buchi delle tasche interne. Non si erano avventurate là in fondo per sgranchirsi, ancor meno per rifugiarsi in segno di timidezza, come avrei ragionevolmente creduto guardandomi avanzare a passo lento da un balcone soprastante, prima di schizzare con zampe di grillo verso la prima metropolitana a disposizione.
Si erano già messe in cerca, le dita, in cerca di qualcosa di sonante nel vuoto delle mie tasche. Qualche moneta, qualche pepita d'oro forse. O non sarebbe bastata nemmeno quella? Dato che per sentirti gracchiare da un palco, vecchio Tom, neppure poi tanto da vicino, occorrono centotre euro. Virgola qualcosa.

sabato 12 luglio 2008

Zappare...

Mattinata agricola per l'uomo dalla vanga facile; cariola, piccone, vanga, petto nudo, solitario sulla collina. Ci sarei andato di buon'ora, se il mio cane maschio non mi avesse tenuto sveglio tre quarti di notte, con il suo timbro delicato.
Il mio cane maschio è un rottweiler innamorato. Anzi infoiato, passa le notti a rincorrere la mia cagna femmina cercando il colpaccio, ma niente da fare. E ogni volta è la stessa cosa, si incazza e corre per il prato, abbaiando a caso, alle stelle, alle foglie, alle sue immaginarie visioni notturne.
Poi di giorno dorme, innocente, mentre il sottoscritto il sabato mattina si alza alle nove, quando dovrebbe già essere sul posto diciamo almeno un'ora e mezza prima. Per fortuna l'aria è fresca e pare si stia preparando per il temporale, così l'orario tutto sommato è ancora discreto. 'O zappatore mette gli anfibi e affonda la punta della vanga nel suolo compatto come un mantello di cuoio. Spacca la terra, fettina per fettina, estraendone pezzi di roccia e ciò che è rimasto degli scavi. Ad una ad una, le lastre di gneiss si accumulano nella parte meno in vista del terreno in attesa di essere portate via. Che poi qualcuna la vorrei tenere per farmi un muretto a secco o qualche struttura tipo mini-dolmen nel mio futuro prato. O ricreare un ambiente impervio per le lucertole pigre che, l'ho già notato, adorano questa collina...

venerdì 11 luglio 2008

Post serio, se seria può essere considerata la politica

Ho seguito poco i discorsi sulla manifestazione di Piazza Navona, quella che sta facendo urlare allo scandalo tutta l'Italia, ho letto solo qualche articolo e visto qualche video su youtube. Tralasciando ogni commento superfluo sulla decenza, il rispetto, la violenza verbale, il fuori tema di alcuni argomenti eccetera, mi sento di ricordare più che altro che una manifestazione si giudica anche per l'idea di fondo da cui nasce e che in questo caso era il dissenso alla politica che l'attuale governo sta mettendo in atto da un paio di mesi a questa parte.
Se ci riduciamo a criticare o appoggiare una manifestazione basandoci su uno-due interventi che sono quelli di cui tutti parlano e che fanno più scalpore, finiamo in un circolo vizioso dove c'è spazio solo per le generalizzazioni.
Invece ho ascoltato gli interventi di Ascanio Celestini, Fiorella Mannoia e Andrea Camilleri e vi ho trovato una forza devastante il cui nome è Intelligenza.

giovedì 3 luglio 2008

Post belligerante

Mentre io e il mio amico Squitty ci immaginiamo lo scenario di battaglia che sarà argomento di discussione sul forum di armi e tiro, pubblico una poesiola oplofila dell'artista della Carabina:

quarantun soldatini allineati e luccicanti
ognun col suo buchino sulla testa, ognun pronto per la festa
li ho preparati ieri sera sfidando la calura.
I bossoli dorati li ho decrimpati e lucidati
poi pesati uno ad uno, trimmati ed innescati.
Da bravo ricaricatore non ho usato il dosatore
in sta occasione un pò speciale meio una ricarica manuale.
Voio fare un bel lavoro e portarmi via il tesoro
ed il premio benedetto voglio appuntarmelo sul petto.
Era già quasi mattina quando ho pulito la carabina,
l’ho fatto bene bene perché son certo, mi conviene,
ci ho passato lo sramatore, l’ho fatto agire per due ore,
poi con scovolo e pezzetta l’ho passato senza fretta.
Ora è lì lindo e pulito pronto al tocco del mio dito
e a speranza di far bene mi fa scordar tutte le pene.
Vengon da Roma e finanche da Codogno
e perché sia vera sfida di loro abbiam bisogno,
E che vinca poi il migliore perché io sono un signore.


Nel frattempo l'apocalipse now è scoppiata nei cieli luinesi.

mercoledì 2 luglio 2008

Respiro

Sole pesante e muscoli della gola contratta. Accade talvolta al bar della spiaggia ingollando una birra gelata o all'improvviso nella calura della strada in preda a una crisi di ansia. un saluto a ernesto che non legge e non è in forma, ma ascolta i jethro tull

martedì 1 luglio 2008

Vivo e vegeto

Ciao solo un messaggio, sono vivo anche se in questo periodo mi sono allontanato dal blog per vari motivi, uno tra i quali il ko del pc ma ripeto solo uno dei tanti motivi. Tornerò senz'altro a scrivere, ma al momento ho la testa persa in decine di cose e non sempre è facile gestirsi, dunque quest'estate si profila come un turbine di idee vaganti ma solo abbozzate, desiderose di non fossilizzarsi. Le idee sono scintille che in particolari condizioni possono creare un incendio - pensiero notturno del demone. Au revoir

venerdì 20 giugno 2008

centomila!!

Giorni su giorni senza pc causa blocco di una ventola con annesso surriscaldamento e assenza di segnale all'accensione.
Sarà rotto? :-/
Al momento è sotto i ferri, uno dei massimi esperti in provincia di Varese lo sta operando in questi giorni e da indiscrezioni trapelate pare sia ancora in prognosi ultrariservata. Mi limito a usare con moderazione il computer di mio fratello, non certo a sua insaputa anche perchè se no mi arresta :-) Cosa si diceva giorni e giorni fa? Ah sì, avevo messo su un filmatino di pulp fiction, poco prima uno speciale persiana. Sì sì. Ora avrei fatto anche una televendita, nel senso che siccome mi diletto a vendere (ma soprattutto comprare) dischi su ebay, ho fatto un filmatino con me alle prese con un 45 giri di battiato e l'ho caricato su youtube. Così, con un piccolo link nell'inserzione ecco che appare la televendita! Se proprio proprio non avete una fava da fare cercate "battiato la torre" su youtube e gustatevi la voce del teleimbonitore più veloce del west.....
.......Va bè, dopo questa lunga pausa sul blog, ho le idee un po' arrugginite e non sono riuscito a trovare niente di meglio che un post su una televendita!! mioddioo
Dunque, avrei voluto allegare il video di uno dei miei teleimbonitori preferiti, quello che su televerbano vendeva giacche invernali a centomila lire (centomilaaa!!)e ci saltava sopra per far vedere quanto erano resistenti...ma purtroppo non ricordo il nome di questo genio e non sono riuscito a trovarlo su youtube. Però ho trovato quest'altra volpe che sicuramente è più famosa e di ingegno altrettanto sublime.
Azz. che post orripilante...

martedì 10 giugno 2008

Ezechiele 25:17

...Il cammino dell'uomo timorato e' minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre perché egli e' in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno, su coloro che proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome e' quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te...

sabato 7 giugno 2008

Persiana Jones e le Tapparelle Maledette

I miei anni dell'università coincidono con quelli in cui lo ska mi ha completamente travolto. Musica allegra, in levare, un reggae mimetico accompagnato da fiati e schitarrate dirompenti. Strilli di tromba, allunghi di sax, affondi di trombone. Salti e assoli di basso e chitarra, colpi ritmati sulle corde alla Elvis o alla Jerry Lewis, il tutto condito da un ritmo incalzante di batteria e cori. Otto ragazzi sul palco. Otto fratelli di sangue ska. Persiana Jones, lo spirito che aleggia nell'aria. Le Tapparelle Maledette i suoi profeti. La ska band di Rivarolo Canavese che nei '90 ha girato l'Italia in lungo e in largo su un Bedford tutto colorato e ha fatto saltare chiunque fosse venuto a vederli, magari solo incuriosito dal nome. Colora il pianeta, fatti un tatuaggio, c'era scritto sul portellone, tra i mille adesivi di gruppi, radio abusive e case discografiche indipendenti.
Qui nel varesotto hanno suonato spesso, a Laveno, a Leggiuno, a Malnate, a Varese...abbiamo saltato e pogato ai loro concerti decine di volte e alla fine li abbiamo ringraziati di persona, magari raccogliendo la scaletta lasciata sul palco o scambiando due parole prima e dopo l'esibizione. ...come si fa a trovare il Puerto Hurraco? Vai a Barcellona, ti infili nella periferia estrema e dalle parti della spiaggia troverai un deposito di legname in disuso. Cerca il portone, è nascosto in qualche antro, non fare complimenti e aprilo con forza. Se troverai volti scuri e poco rassicuranti non avere più dubbi, sei nel posto giusto...Sette anni fatti di locali più o meno come questo (anche se il Puerto Hurraco alla fine non l'abbiamo neanche trovato) e di parchi e di campi sportivi e di piazzette e di feste della birra. I miei sette anni dell'università trascorsi aspettando una serata, un concerto, magari anche una festa del raccolto al leonka, una festa dell'uva, una qualsiasi festa dove ci fosse un palco abbastanza grande per farceli stare tutti insieme i Persiana e una platea abbastanza piccola per non lasciare più di un centimetro di spazio tra noi spettatori in delirio.
Partecipare a un concerto dei Persiana voleva dire come minimo comprarti una maglietta. Chi non ha mai visto una maglietta dei Persiana Jones si è veramente perso qualcosa di fenomenale. Al di là della qualità del tessuto (il miglior cotone del mondo non avrebbe resistito più di tre-quattro concerti senza semi-disintegrarsi), la grafica era di altissimo livello: pistoleri spaziali, mucche sballate, teschi stilizzati con la faccia a forma di musicassetta, o le classiche date della tournè se avevi la fortuna di comprarti una maglietta rosa del "Que passa tour" adornate da facce, disegni o magari dal logo della Vox Pop (una specie di vulva). Potevi comprarti una maglietta o magari un cd a prezzo ridotto o se eri ancora un po' in dietro una cassetta. Tutto valeva la pena di essere preso. Ma c'era una cosa che andava oltre ogni aspettativa, oltre ogni disponibilità di denaro, oltre il desiderio di tornare a casa con un pezzo di concerto e questa cosa era il picture disc. Un picture disc è un disco in vinile totalmente colorato e perfettamente suonabile. Quelli dei Persiana Jones erano delle opere d'arte e, naturalmente, senza prezzo perchè non in vendita. Quei picture disc da esposizione, ospiti fissi dei miei sogni di ragazzotto ska, oggi si trovano in camera mia. E dopo qualche esitazione, ho finalmente vinto la paura di ascoltarli per il timore di rovinarli. Quando ti senti troppo cresciuto per lo ska, basta lasciare che la puntina faccia il suo percorso a spirale tra i solchi per risentirti vivo e ricominciare a saltare.


pct1: IMPAZZIRE

Tremarella
Il tempo è passato
E' inutile pensare
Monotona



pct2: IMPAZZIRE II

la ristampa





pct3: BACIAMI TONY

Persiana Jones
Il martello
Baciami Tony
Vita in Città


Persiana Jones è lo spririto che aleggia nell'aria. Le tapparelle maledette i suoi profeti.
Nella formazione originale sono:
Silvio (voce) - Beppe (basso) - Gianni (batteria) - Roby Marini (chitarra) - G.P. Marini (sax tenore) - Alberto (tromba) - Sandro (sax tenore) - Angelo (trombone)
Con la partecipazione di:
Bunna - Ras Cal - Mada - Mario Actis - Africa United

Nota: nel live Que Passa Tour "Show", ringraziamenti vanno ai ragazzi di Laveno.

venerdì 6 giugno 2008

Park tennis

Un aperitivo di quella che sarà la sfida dell'estate al park tennis di gemonio. Ma ci sarà da attendere almeno un mesetto. Franz, preferisci il gonnellino o la mutanda ascellare aperta sul davanti?

giovedì 5 giugno 2008

Stralci banali di metereopatia

Ci sono giornate da sbadiglio, così spalancato da far schioccare la mascella.
Il tempo le traina, lente e umide, portandosi addosso enormi acciacchi accumulati che stentano a riassorbirsi. Se un metereopatico potesse dipingere il suo stato psicofisico in giornate come queste, riempirebbe una tela intera di gradazioni di grigio; a un occhio critico potrebbe anche risultare artistica, a dimostrazione che gli effetti di uno stato di dolore mentale sono sempre pregevoli. Ma quella macchia lui la vedrebbe espandersi dalla tela al muro e dal muro al cubo della stanza, portarsi via la luce e stratificarsi grigio su grigio su ciò che via via rimane dello spazio. Questa ventata di ottimismo mi viene per fortuna nel momento in cui pare aver smesso di piovere e le ore diurne volgono al termine.

mercoledì 4 giugno 2008

attenti al lupo

Un'immagine impietosa si è materializzata sullo schermo della tv di casa mia intorno alle nove di questa sera nel mentre mi accingevo a sorseggiare il caffè. Sulla rete di emilio è comparso un uomo barbuto dagli occhiali rossi, tal raspetti o respelli o rastalli amico di tutti, quel che è insomma, l'esperto che si è soliti incontrare sulla stessa emittente la domenica in una trasmissione di tipo agrozootecnico, colui che ci allieta il pranzo di festa con le sue divagazioni bucoliche, da stasera sarà lui il nuovo paladino della giustizia, difensore degli anziani indifesi e tutore della legge. Il dottor raspazzi che ci terrà informati sulle truffe che minacciano il nostro quieto e ingenuo vivere, e già si mormora di una staffetta con il sempreverde santissimo lichery. Un uomo tutto d'un pezzo, più carne che ossa, sicuro dietro la sua montatura rossa che presto urgerà cambiare in una più misteriosa mascherina nera arricchita da un bel mantellone con la S cubitale non solo di "Super"eroe ma vero e proprio idioma e simbolo della sua casata, quella del biscione con la faccia da pierpiero. Lo spettacolo di tal natura si chiama attenti al lupo, credo che il buon Lucio chiederà i danni.

martedì 3 giugno 2008

Al posto di Andrea il Vuoto

Secondo post odierno per incollare il testo inviato al premio writers magazine. Non sarà pubblicato di sicuro in quanto troppo personale e assolutamente privo di ogni forma poetica (anche perchè la poesia è da anni che non mi prende più granchè), ma dato il tema del premio (il volo) e la mia predisposizione d'animo nel momento in cui ho visto l'annuncio sul sito (avevo Bruce per la testa), ho deciso di inviarlo comunque.

Al posto di Andrea il Vuoto

Vuoto,
sconfinato volo.
Io scarico a terra
la rabbia
che viene da dentro,
e mi spinge e mi smembra
e mi chiama all’appello
la guerra.
Mi chiude la gabbia.

Se volto lo sguardo
al vetro
mi sento assorbire
dal mondo,
dal cupo rimbombo
del lento morire
del tempo.

E in questo momento
mi coglie improvviso spavento,
che scuote il mio sonno
da dentro,
e mi esplode la rabbia
che scarico a terra.

E con gli occhi segnati
mi sveglio e mi scontro
in un muro di pianto
e di grida,
che mi schiaccia la testa.

E m’infiamma
questo gelido vento
che mi scaglia con forza
contro il nostro lamento,
sgomento,
se si chiude la gabbia.

Ho il ricordo
di quel giorno passato,
è rimasto segnato il mio corpo
quando tutto è finito,
quando il cielo ti ha respirato,
e da dentro ho sentito
il tuo volo,
e il richiamo del tempo
bastardo
che ha spezzato il fiato.
Vuoto sconfinato.

Lì, Gemonio, 03/06/08, 11:31 AM. Aggiornamenti

Torna a splendere il sole dalle parti di Gemonio, Valcuvia - si registrano una ventina di gradi e un livello di umidità accettabile dopo i piovaschi degli scorsi giorni. La radio suona qualcosa che sa di ballata americana che non conosco mista a commenti di un vocalist da strapazzo, meglio verificare se il mulo ha scaricato qualcosa di interessante. Pare avviata la ricezione dati de "la terra la guerra una questione privata" - gran disco live dei csi che occupa il suo giusto posto nel mio scaffale vinili. Speriamo di poterlo avere a disposizione in digitale a breve.
Credo che tra poco approfitterò del servizio offerto dal grande astro luminoso per traslare la mia posizione sedentaria dall'area pc alla zona terrazzo da cui è ben visibile il panorama prealpino e lì approfondirò la lettura de "L'uomo che cade". Vorrei farmi un giro, ma la schiena e l'orario da rischio visita mi mantengono in uno stato di preallarme che non mi permette grandi movimenti. Sto abbastanza bene e mi rendo conto che tutto sommato la mia è una condizione di altissimo privilegio. Soprattutto perchè, causa impossibilità di natura fisica a sollevare carichi tipo pentoloni del latte, ogni tipo di caseificazione mi è precluso e questo darà ampio spazio di replica al franz (ihihi).

sabato 31 maggio 2008

Psychopensieri

Quest'anno forse non farò le ferie, nel senso che me ne starò in questa terra di provincia a soffrire l'afa durante i giorni di pausa dal lavoro. A parte che comunque mi sa che li passerò all'ombra della mia prossima casa a imbiancare, dunque un minimo di fresco (FORSE) me lo potrò godere, ma sta di fatto che per quest'anno niente mare. Magari una toccata e fuga in riviera con gli amici? Mi rivolgo agli sconvolti di quella che fu nominata "la vacanza dell'ammore" due-tre anni fa. Voi lo sapete, se ci siete battete un colpo (ma mi sa che c'è solo il franz).
Scrivo senza un senso, oggi è giornata così. Pensavo al gran sedere che abbiamo noi provincialotti varesini a vivere in zona laghi, tutto sommato. E' vero, quando ci si mette il clima ne combina di grosse, tra afa e piogge e allagamenti tipo negli ultimi giorni. Ed è vero anche che siamo dei campagnoli un po' megalomani, però un po' di invidia secondo me la facciamo venire quanto meno ai milanesi, e di sicuro agli svizzeri tedeschi. Non so come facciano a lanciarsi per le strade sulle bici con le borse a fare da zavorra, e a farsi il giro del lago senza battere ciglio.
Io l'ultima volta che ho pensato di fare un giro in bici avevo ancora il casco di banane in testa (mia capigliatura psycho-beat post-adolescenziale). Diego "Flos" mi stava quasi per convincere a partire per Berlino con la mountain bike, "tanto dopo le Alpi è tutta pianura"... Poi ce la saremmo fatta in treno, al ritorno. Mah, se ci penso tutto sommato mi spiace averlo mandato a cagare. Con il sorriso sulle labbra, si intende. Grande Diego, se leggi, fatti un'altra risata. No, per quest'anno niente ferie e niente bici, magari un po' di lago? Neanche per idea, a stare sulla spiaggia si soffoca e rinfrescarsi nelle acque del lago è da film horror, non passano gli squali ma la merda sì. Non faccio il bagno nel lago da almeno 5 anni (l'ultima volta fu a Caldè, località che qualche pazzoide ha definito "la Portofino del Lago Maggiore" sulle riviste da parrucchiere), poi ho scoperto che di fianco c'era lo scarico delle fogne. Scusate per il post mi rendo conto dello schifo, ma mi è venuto così e dato che ho scritto in presa diretta con i miei psycho-pensieri lo lascio. Ma non sprecate commenti, non ne vale la pena........
.......Davvero, via quelle manine........
.....................
.......Chiudo.

venerdì 30 maggio 2008

Furia, il mago

Cosa puoi fare quando sei stufo di startene in seduta forzata su una sedia di legno? Ad esempio puoi pregustare l'aria che tira fuori, ficcare il naso dritto nell'anticamera della tempesta che sta venendo a prenderti.
Sarà grandine, lo ha detto Furia, il metereologo.
In effetti, se guardo a nord est, c'è una coltre grigio asfalto nel cielo e pare che non porti buone nuove. Tra l'altro oggi è giornata di lutto in paese, un ragazzo ha deciso di farla finita ed è in programma il suo funerale. Giornata triste e cupa. Il vento che scuote gli alberi sulle colline, aria pesante-umida-solida ci schiaccia per terra.
Rimango a guardare la coltre scivolare non molto più in alto delle case, sembra che voglia inglobare tutto, alberi, antenne, comignoli. Qualcuno è ancora fumante e siamo al 30 di maggio. Ho deciso di riprendere questa piccola porzione di apocalisse con la mia fotocamera e di riguardarmela quando sarò felice. Ci colpiranno coltelli di pioggia. Ci lapiderà. Milioni di sassolini ghiacciati si incaglieranno tra gli alberi, faranno un colabrodo di questa nostra terra indifesa.
Mi piacerebbe vedere questo mio panorama in bianco e nero improvvisamente cristallizzato, come in un incantesimo del mago cattivo. Come in una fiaba nera, con la regina dal largo mantello a riderci in faccia per il nostro stupido destino. Inutili fantocci da accendere e spegnere senza un criterio, senza una logica prendiamo vita e in un soffio ci pietrifichiamo.
Il cielo ci lapida, ma solo per qualche momento prima di sciogliersi con pietà in un pianto dirompente. Ma nonostante lo sfogo, non dura poi molto. Qualche minuto di rumore, un po' di aria fresca, nemmeno un fulmine da antologia. Spengo la fotocamera e mi rendo conto che intorno, tutto sommato, non è cambiato granchè. Tutto il colore è spento, ma la realtà è ancora drammaticamente viva. C'è uno squarcio di cielo nel punto in cui tutto è iniziato e ho il presentimento che presto volgerà al bello.
A volte anche Furia ha cattivi presagi.

mercoledì 28 maggio 2008

A Ja Ljublju SSSR

Affascina prendersi mezza giornata di ferie e decidere di fare quello che ti pare, almeno per un pomeriggio. Così lascio il cancello del lavoro con poca fame fisica e il desiderio mentale di andarmene. Prendo la strada che porta a Milano, chilometri di asfalto verso una meta incerta. Chissà se verranno. L'appuntamento è in libreria, ci arrivo dopo un'ora di macchina, un viaggio soffocante nel sottosuolo e una serie di vagabondaggi vitali dalle parti del centro. Sono in libreria, la musica non manca come l'aria. Trovo uno spazio, ancora troppo piccolo per i miei gusti, adattato da qualche mano macabra a scaffale per vinili. Affondo le dita e scorro una ristampa dopo l'altra a 30 euro minimo l'una. Me ne vado a cercare un posto vicino al palchetto in preallestimento, molto meglio così. Prendo una sedia a caso, un sorso d'acqua e aspetto.
Sono le quattro e mezza. Mi farà compagnia un libro di Delillo per le prossime due ore, ma fatico a leggere perchè troppo si muove nelle mie vicinanze. E poi c'è meno ossigeno che sull'Himalaya, penso. Altra sorsata. Respiri ripetuti, non sufficienti, ma me li faccio bastare da bravo animale in adattamento all'ambiente. E se potessi cambierei pure pelle per mimetizzarmi, vedere e non farmi vedere. Mi nascondi nel libro, Don? Leggo finchè posso, addormento gli occhi ogni tanto, li riapro e riprendo a girovagare. Non arrivano più questi CCCP.
Quando riprendo posto, c'è già una piccola ressa e questo vuol dire che non manca poi molto. Siedo dietro un anziano col bastone e mi chiedo se veramente saranno loro a parlare su quel palchetto. Una ragazza mi dice che ci sono sempre i presenzialisti, non se ne perdono uno di incontro. Come te, penso. L'anziano sonnecchia e mi è simpatico: mi va di credere che sia qui perchè li ha ascoltati nelle balere emiliane venticinque anni fa e gli sono piaciuti. La ragazza si è appropriata della sedia alla mia destra. E' seduta da pochi minuti e so già tutto di lei: è di Napoli provincia-insegna lettere alle medie-aveva un ragazzo delle mie parti ma ora non più e ha cambiato in meglio-le piace il jazz e in particolare un tipo che suona il contrabbasso-è del settantasette-vive a milano da cinque anni-si fa le canne-soffoca pure lei e mentre straparla si allenta la camicia sul petto-mi tocca pure una gamba-ci manca che mi dica il colore delle mutande-se le ha-se ti sentisse il vecchietto.
Quando finisco la bottiglietta d'acqua penso di non avere più scampo, il soffocamento mi avrà, ma improvvisamente la tipa chiude la bocca perchè lassù ha iniziato a parlare qualcun'altro ed è molto più interessante ed è Annarella a rompere il ghiaccio. Benemerita soubrette! Affascinante nel suo abito nero, senza i travestimenti crudi dell'esperienza sul palco. Che pure quelli erano chic, a modo loro. Scopro che dopo i CCCP ha viaggiato per l'India e di ritorno ha aperto un'erboristeria. Ora che sto scrivendo mi sono già preso la briga di visitarne il sito, cercate annarella giudici su google. Annarella la timida che cede alla poesia e ci regala alcuni versi del Ferretti assente giustificato, in sua vece. Annarella che alla fine mi parla mi sorride e mi ringrazia. Annarella che è umana e io che pensavo fosse inavvicinabile. Anche Zamboni è umano, Massimo al centro del palco che ci racconta della Berlino Est e del mondo CCCP che nasceva a Carpi e finiva a Vladivostok. E con la chitarra lui lo ha girato quel mondo, comprando abiti usati in Germania Est, raccogliendo tutto il rifiuto dell'occidente, pezzi di metallo insieme a Fatur per rendere loro omaggio sul palco, con una luce in grado di dare vita a quei ferri morti. Mi ha colpito quando ha detto che oggi è ancora possibile ritagliarsi uno spazio nell'arte, purchè lo si faccia mantenendosi umili e intelligenti e dedicandosi in pieno a quello che si vuole. Massimo che confessa che ancora oggi non studia non lavora non guarda la tivù non va al cinema e non fa sport come vent'anni or sono. Beh in fondo qualcosa fa, se è qui a parlare, ma tutto a modo suo. E di Fatur che dire: prima di tutto che è enorme! Se pensi ai muscoli del mimo che danzava sul palco, non ci puoi credere. Occhiali, cappello, pantaloni corti e anarchia rimasta stampata sulla pelle. Danilo ha fatto alcuni cd sperimentali e continua a suonare nei centri sociali, cavalcando rottami di macchine e di trattori, sudando e gridando e mantenendosi artista di un popolo che non vuole smettere di resistere. Gli artisti smettono di parlare, le domande dei curiosi si susseguono, gli artisti ci fanno ridere e ricordare quella musica. Chi ha avuto la fortuna di partecipare al concerto in cui ballarono nudi e che andò in prima pagina sul Resto del Carlino lascia la sua testimonianza, dopo si dà spazio al video di un live spensierato, di una ventina di anni fa quando era ancora lecito mischiare paranoia punk a walzer di rozz-emilia e parlare di islam nei brani, prima che tutto ridiventasse moda, occidente, paranoia.

lunedì 26 maggio 2008

Come un nuotatore nell'onda

Qualche giorno fa ho fatto visita ad Angelo in casa di riposo. Dalla collina si vede una gran fetta di lago e le montagne intorno devono sembrargli vicine come non mai. A volte passano i deltaplani, altre i traghetti, ma molto più in basso. Lui non si rende bene conto di dove sia, è arrivato da poco, comunque si è già abituato. E' chiaro, tutte queste cose che dico in realtà fanno parte di ciò che può essere concepito dal di fuori. Anche perchè Angelo non parla, sta zitto e guarda soprattutto. E' curioso. Ascolta poco perchè la testa, si sa, fa di quei gran giri a quell'età...ma è lo sguardo che è (quasi) sempre attento. O almeno così a me pare.
Io non lo so quale sia il potere dello sguardo degli anziani. Conosco anche un altro signore, molto più autosufficiente, che ha due occhi nerissimi e acuti, lui che ha visto di tutto nella sua vita perchè è stato in missione in Africa, e forse questo è il motivo per cui ha quel luccichio buono, quasi magico quando ti parla. Forse nel mondo che ha visto è riuscito a scovare tutti i dettagli che a uno sguardo normale sono invisibili e ne ha fatto tesoro. Così, insieme ai fuochi e ai soldati e alle ferite, ha visto elefanti e leoni e piante carnivore e onde spumose enormi e donne meravigliose e mani protese e l'indaco e il blu intenso e il viola mischiati nel cielo.
Anche Angelo è stato soldato e ha visto la neve di Russia. Ancora oggi non ha perso la forza che gli ha permesso di mantenersi vivo. Ha una solida stretta quando ti prende la mano per essere accompagnato. E poi cammina veloce, come se debba arrivare per primo da qualche parte che poi, in quella casa lassù, è il fondo del corridoio. A volte, guardandolo avanzare così deciso, penso a un nuotatore e mi immagino la piroetta che farà alla fine, quando avrà toccato la sponda.
Una piroetta funambolica e via, con tutto il corpo dentro a un mondo nuovo da esplorare. Così mi piace pensarlo, Angelo, come un nuotatore nell'onda.

domenica 25 maggio 2008

Personale: il fuoco

A volte ti svegli con un occhio che ha preso fuoco e non riesci a tenerlo nè aperto nè chiuso perchè ogni millimetro di movimento fa male. Non cerchi il motivo in dita sporche, in un'infiammazione. In coscienza lo sai, un umore malato si trasmette al corpo e lascia il segno nelle tue parti più deboli. Sei vulnerabile quando ti affacci nel giorno con una ferita aperta dalla sera prima, i tuoi occhi non hanno visto niente, hanno sprizzato ferocia. Non è bastato l'abbraccio di chi ti è più caro, nessuna lacrima ti è venuta in soccorso. Non hai la forza di gridare neanche una parola di sfogo dopo la crisi e dentro il tuo vuoto rimani da solo. Mentre sentivi i tuoi cani ringhiare, una sera, prima di concederti al sonno hai pensato: non è un posto per piangere.

sabato 24 maggio 2008

Riprendere Milano


Dopo un concerto come quello di ieri non è facile riprendersi e rimettere a posto i pensieri, ho tutto in testa ma non riesco a dirlo (cit. siete proprio dei pulcini che a me va di mangiare).
Con la lucidità che lentamente si fa largo, provo a buttar giù la scaletta che sicuramente è incompleta:

Naufragio Sull'Isola Del Tesoro - E' Solo Febbre - Ballata Per La Mia Piccola Iena - La Verità Che Ricordavo - Neppure Carne Da Cannone Per Dio -Tutti Gli Uomini Del Presidente - Pochi Istanti Nella Lavatrice - Punto G - I Milanesi Ammazzano Il Sabato - Tema: La Mia Città - E' La Fine La Più Importante - Riprendere Berlino - Oppio - La Sottile Linea Bianca - La Vedova Bianca - Tarantella All'Inazione - Orchi e Streghe Sono Soli - (PAUSA) - Voglio Una Pelle Splendida - Non sono immaginario - Bye Bye Bombay - Male Di Miele - 1.9.9.6 - Musa Di Nessuno - (PAUSA) - un pezzo con John Parish - altro pezzo con Cesare Basile - Bungee Jumping - Quello Che Non C'è

Collaborazioni d'eccellenza, un palco di luci psichedeliche e scenografia con i coltelli da massacro, l'addio del violinista Ciffo, Voglio una pelle splendida unplugged direttamente sulle gradinate, pezzi mai sentiti dal vivo tipo Oppio e Punto G. Appagamento totale per oltre 2 ore. Grandiosi questi Afterhours.

martedì 20 maggio 2008

Sardinia Blues

Se lo guardi in faccia, il ragazzo, sembra venire dal Guatemala.
Scuro di capelli e di pelle e di occhi. Di razza selvatica, come animale libero allo stato brado, vagabondo su un'isola.
E di isola si tratta, ma non è il Guatemala (peraltro terraferma), lontano anni luce, ma la Sardegna, e il suo romanzo di nome è Sardinia e di cognome fa Blues.
Potresti leggerla in poche ore, questa agile storia isolana, trasportato da una piena di poesia rock. Ma puoi anche decidere di godertene i passi, uno per uno, che si susseguono con la cadenza di un discorso interiore; passi da ragionarci sopra e gustarne la solitudine in cui puoi cadere, se non è il tempo quello che ti interessa.
A lui non importa la punteggiatura classica, ma non è un limite perchè i pensieri hanno poco a che fare con la grammatica. E i discorsi rubati nelle sere d'estate sul lungomare o nelle campagne o al bancone di qualche essenziale bar da sandali e sabbia, lui li riporta così come sono. Così frenetici, così esistenziali.
Non è la costa dei vip a fare da sfondo al romanzo, nè gli antri crudi della Barbagia, ma la provincia sarda, per gli isolani radice remota da cui fuggire via. In questa terra si balla, si vive con poco e si è giovani, ma solo d'estate. Il resto è claustrofobia e chi non ne ha più di coraggio per affrontare l'inverno se ne parte per Londra o per il Continente a cercare l'amore.
Il ragazzo ha un alter ego che di nome fa Davide e vive nel libro la sua lotta continua con la sua terra e la talassemia. Una storia di odio e di amore, multirazziale. E' di tutti il tentacolo isolano a cui sfuggire per rimanere giovani sempre, è di tutti il sangue che disseta il corpo dei talassemici.
E' un terreno arido, Sardinia. Dove l'amore e il sangue si fondono per dare fertilità. Amori per le ragazze Davide ne ha molti, quello più grande per la sua ballerina irlandese è finito. Amori che danno un senso ai trent'anni dei Pirati "Pani-Corda-Licheri", ubriachi persi nelle notti di provincia, reduci da improbabili fughe continentali, registi mancati e occupati solo a far diventare Oristano una piccola Buenos Aires dimenticata dal mondo e Villanova Truschèdu un luogo in cui scegliere di vivere e amare o di amore morire.

Sardinia Blues - Flavio Soriga
Bompiani, 2008
pp. 272
€ 16,00




lunedì 19 maggio 2008

Cover su cover

L'originale di una canzone 99 volte su 100 è meglio di qualsiasi cover. Però, nelle tre che vi propongo, i marlene ci mettono l'anima.

1) SIBERIA - Diaframma



2) IMPRESSIONI DI SETTEMBRE - P.F.M.



3) LA LIBERTA' - Giorgio Gaber

domenica 18 maggio 2008

Lettura libera

Secondo me non c'è motivo di sconsigliare una lettura, una lettura qualsiasi, anche se si tratti di bridget jones o dei romanzi harmony. Chissenefrega, la lettura è un gusto e se a me va una mattina di leggere topolino o federico moccia me lo leggo senza il bisogno che un silvioraffo o un andreapinketts di turno me la menino con fare snob. Sì è vero, dai classici bisognerebbe ripartire, ma non tutti (e parlo anche per me) se la sentono di portarsi al lago o tenersi in macchina un bel volume di Seneca o Cicerone da sfogliare nei momenti di relax. Piuttosto, sarò io lettore che nel momento in cui ne sentirò l'esigenza metterò le mani con lucido raziocinio a un'opera classica o a un libro impegnato. E sarò sempre io lettore (e non tu critico-intellettuale-letterato) a rendermi conto di subire un'influenza negativa da ciò che sto metabolizzando e, solo allora, chiuderò Moccia per aprire Dostoevskij. Che poi dalle cattive esperienze si ottengono i frutti migliori, secondo me. Tutto chiaro?

sabato 17 maggio 2008

Rom, città chiusa

I film di Kusturica sono favole colorate in movimento, storie di umanità grezza portate ai nostri occhi come un ricordo di realtà che non avremmo mai creduto potesse raggiungerci. Parlo del punto di vista di chi, come me, è abituato a vivere in un luogo "moderno", "pulito", "civilizzato", in una parola "occidentale". Nei film di Kusturica si crea una vera e propria confluenza tra l'oriente europeo dei popoli gitani e l'occidente. I personaggi sono ritratti nel loro mondo, spesso mischiato alle contaminazioni provenienti dall'esterno delle loro "riserve". Così, nelle baracche, ai bordi dell'immenso Danubio marrone, sulle strade polverose dove corrono branchi di oche e maiali divorano carcasse d'auto abbandonate, in questo spaccato di realtà che a noi, plebe d'occidente, può anche sembrare immaginaria, fanno irruzione i soldi, i trafficanti di droga, i venditori di vergini per matrimoni d'affari; e i violinisti liberi, gli stessi che nelle città nostre riempiono vagoni sotterranei, se ne stanno in disparte, nelle loro riserve, lasciando aperto lo spazio a tutte queste contaminazioni, lasciando libero il nostro più gretto occidente di venirsi a prendere un pezzo del loro Danubio. Tutto ciò mi sovviene per simpatia e gusto verso il cinema di Emir e anche per disprezzo verso i discorsi vuoti portati alle bocche di chi non sa andare oltre il proprio egoismo, in queste giornate tristi, umide e italiote che ci intasano il mondo.

venerdì 16 maggio 2008

Piuttosto umidiccio

Che sapore ha una giornata uggiosa? Non molto buono, direi, più che altro amaro, dato che c'è del Dentosan nel mio cavo orale. E' una settimana che mi ungo il palato con questa sostanza verde causa dolorosa estrazione dentale. Spero sia l'ultima, a) perchè il Dentosan mi fa ribrezzo e annerisce lo smalto, b) perchè un dente in meno crea non pochi problemi, primo fra tutti quello psicologico. Constatazione thriller: me ne restano 31. Anzi no, constatazione agghiacciante: alcuni mi sono stati estratti durante l'adolescenza (con la scusa del gelato...), perciò non arrivo a 30. Che dramma. Ma cosa c'entra con la pioggia che scende a catinelle oltre la finestra? Poco, forse è l'umidità che fa inceppare i circuiti. C'è anche dell'elettro-music diffusa nella stanza, mi fa precipitare in uno stadio pre-robotico, un corpo che ascolta la pioggia cadere a ritmo di bunz bunz elettronici. Doris Norton - nortoncomputerforpeace - electrowave - iperbolici '80. Un mix che scoppietta sul piatto, suona un preambulo di "disco" trentennale, quasi. Penso: recensione non mi avrai. Quasi 30, constato. 30 anni? Oltrepassati. Quasi 30. Ecco il collegamento, non l'ho cercato, è arrivato da sè. Questa musica è amara e vorrei farmi lavare dalle cascate che scendono oltre le persiane, mandare in corto il giradischi perchè sto realizzando cosa significhi essere robot. Macchina automatica, no anima - Giovanni Lindo periodo postpunk - altra musica - altre giornate. Una ragazza mi ricorda la Tabula Rasa che fece quel disco. Splendeva il sole e di lì a poco avrei ri-assaggiato l'amaro. Stacco per scavare un solco tra me e questi pensieri che mi fanno un po' impressione. E' passato un decennio e già avevo meno di 30 denti. Fuori forse non diluvia più. Dentro persiste.

giovedì 15 maggio 2008

Robinia pseudoacacia

Con un'incredibile predisposizione per la manipolazione di alimenti, ieri sera la mia ragazza e io ci siamo dedicati alla preparazione di frolle al limone e allo zenzero e di una bella torta di acacia. Non pensavo che l'acacia potesse essere un ingrediente così prezioso, io che l'ho sempre associata al miele e se c'è un alimento che mi dà nausea questo è il miele.
Invece no, perchè l'acacia si può anche friggere, volendo, in pastella per ricavarne morbide frittelle, oppure la si può impiegare nelle torte appunto, mischiando per bene 300 grammi di farina, 150 di zucchero, 75 di burro e altrettanti di olio d'oliva. E ancora 4 tuorli d'uovo e 4 albumi sbattuti a neve. Infine mezzo bicchiere di latte e voilà, l'impasto è pronto per inglobare i fiori d'acacia! Oh, non prendetemi troppo sul serio perchè non è che mi ricordi bene le dosi, ma più o meno è così! Un bel tortino rosso scuro, da far cuocere a 200 gradi per una mezzoretta, pronto da cospargere di zucchero a velo. Una délice.
Che poi, se proprio vogliamo dirla tutta, l'acacia al giorno d'oggi la trovi ovunque se ti viene da cercarla in primavera. In molti, compreso me fino a ieri, non la considerano neanche e si limitano ad annusarne l'aroma che si diffonde nell'aria dei boschi di robinia. E' incredibile quante meraviglie si nascondano dentro quei boccioli bianchi.
Ah! Robinia pseudoacacia, rimembro ancor il tuo sapore dolce...

PS: ma non è che ha effetti collaterali?

mercoledì 14 maggio 2008

Ancora palio

Pubblico un contributo di Damiano Franzetti (alfiere del rione Martitt) che spiega bene cos'era il Palio di Gemonio.

La scorsa primavera, uscendo dalla Sagra degli Asparagi, mi sono imbattuto in un gruppetto di persone che non ho riconosciuto per l’oscurità. Una voce spiegava alle altre: «Quello è il campo sportivo. Quando c’era il palio era il centro delle gare, era pienissimo di gente. Mi ricordo la “Torre di Babele: un ragazzo la costruiva con i mattoni, tre la difendevano, e gli altri dovevano abbatterla con i gavettoni, che spettacolo!»

Già, che spettacolo, Gemonio negli anni ’80. Lo aspettava tutto il paese, il Palio. A giugno (o a settembre a seconda delle edizioni) spuntavano dai balconi, dalle ringhiere, dalle finestre, le bandiere dei quattro rioni: Martitt giallo-verde, Mirabella giallo-rosso, Piazza bianco-azzurro, San Pietro verde-nero. Gli stessi colori iniziavano a fare capolino anche sugli striscioni tesi tra gli alberi, i pali della luce, le cancellate, messi lì a fare la guardia ai confini della propria contrada. Quei confini che a volte erano veri e propri motivi di conflitto tra i responsabili di rione durante le riunioni che precedevano la kermesse organizzata – è doveroso ricordarlo -dalla Pro Loco.

L’attesa. Tutto iniziava un mese prima: il campo sportivo era a disposizione di tutti, a rotazione; ogni rione faceva la conta dei propri concorrenti con un criterio prevalentemente basato sull’età dei partecipanti. Sembra di sentirli ancora oggi, i responsabili, davanti agli spogliatoi con una lista di nomi e date: «Martedì alle sei chiamiamo gli “under 11”: bisogna contare quelli per il calcio e scegliere quelli per la corsa nei sacchi. Ricordatevi di dirlo anche a quel bambino nuovo che è andato ad abitare nella casa del…». Poi c’erano gli allenamenti per gli adulti, che qualche volta “sfidavano” le squadre dei paesi vicini per meglio prepararsi agli incontri che contavano davvero, quelli del Palio.

Si gioca. Per aprire il Palio c’era la sfilata: i ragazzi calavano dai quattro angoli del paese rigorosamente dietro al labaro “ufficiale” con l’asta di metallo e la freccia decorata. Uno dei quattro cortei era di solito quello più guardato, con un misto di invidia e sfida da parte degli altri tre: il corteo che riportava al paese il Palio, la coppa. «Il Palio è nostro, e nostro resterà!» gridavano gli uni. «Vedremo» replicavano gli altri. E poi via: due settimane di giochi, gare, corse, sfide; due settimane di adrenalina che percorreva il paese intero visto le centinaia di persone di ogni età presenti intorno al campo sportivo, pronte a sperare in un gol, in uno sprint vincente, in un uovo lanciato (e preso) più lontano degli altri. E se gli sport veri e propri servivano ad accendere le rivalità agonistiche (certi incontri di calcio e pallavolo erano veri e propri eventi), i giochi rappresentavano la parte più popolare ma anche quella più imprevedibile del Palio. Vi ricordate la “Torre di Babele”, lo “Spalma e mangia”, il “Taglio del tronco”…?
Tutto durava fino alla serata conclusiva, la più lunga, la più attesa, quella in cui tutto poteva accadere. Sei, sette specialità una dopo l’altra; calcoli in tempo reale tra i tifosi, delusione per un “jolly” giocato male, fino ai calci di rigore femminili che hanno spesso concluso la manifestazione. Poi tutti schierati davanti al tavolo delle premiazioni, ognuno a ritirare una coppa per la gymkana o un trofeo per il vestirello, fino alla proclamazione del vincitore. Che dava il via ad una nottata di festeggiamenti cui comunque partecipavano anche gli sconfitti, costretti a subire il carosello di auto, moto e biciclette del rione vincitore. E anche qui mi tornano in mente alcuni festeggiamenti insoliti, a bordo ad esempio di un originale “cab” inglese (Martitt, 1985) oppure di una ondeggiante “2 cavalli” (Mirabella 1995). E al termine del rinfresco nel proprio rione era d’obbligo la visita ai vincitori, ben contenti di offrire da mangiare e da bere agli sconfitti.

E poi… Se il Palio era il momento centrale, l’attività dei rioni e della Pro Loco a Gemonio non si fermava qui. Il carnevale con i suoi carri, il Natale con luminarie e presepi, le cene sono stati momenti che per fortuna in parte sono ancora vivi. Alcuni rioni hanno partecipato per anni alle sfilate carnevalesche anche lontano da Gemonio riscuotendo consensi, in altri si ricordano ancora le cene del dopo-palio che radunavano in piazza oltre duecento persone. Su seicento “contradaioli” censiti: come se oggi a Gemonio si facesse una cena con novecento commensali contemporaneamente…

martedì 13 maggio 2008

Il dovere di arrabbiarsi

Ci sono ragazzi venuti dal sud, saliti su treni diretti alle fabbriche, agli atenei, alle piazze, ai grandi centri e a paesi lontani. A ricercarsi un futuro. Ragazzi dal volto scuro, i più con un padre in meno o una madre vinta da quell'immenso dolore. I sogni li hanno rinchiusi in uno zaino e se li portano in spalla gelosamente. Chi studia legge e farà il magistrato; chi lettere e insegnerà il vero alle generazioni future. Che c'era un'Italia, una volta, che li ha lasciati soli come i cani di strada. Con un proiettile scagliato nel cuore, un colpo di coda del mostro lupara. Inascoltati da uno Stato assente. Ci sono Chicco, Rosanna, Aldo seduti al tavolo. E molti altri nelle prime file. Tutti noi abbiamo la voce muta e li ascoltiamo con i cuori che non smettono di frastornarci l'anima. Sono giganti, questi ragazzi. Non hanno paura. La mafia è mimetica, predatrice, non fa rumore. Ma la Calabria è vicina. La Sicilia è vicina. La Campania è vicina. La Puglia è vicina. Non siete soli. Lo grideremo in strada. Non siete soli.

www.ammazzatecitutti.org

domenica 11 maggio 2008

festa festa!

Da un po' di tempo non mi capitava di partecipare a due feste nello stesso giorno. Ma non alla maniera dell'orchestrina di Fantozzi, che per poter essere a mezzanotte del 31/12 in più posti diversi si affidava allo stratagemma dell'orologio. Nel mio caso, senza trucco e senza inganno, sono passato da una festa di compleanno sul lago a base di birre e gin lemon pomeridiani a una rimpatriata gustosa e divertente a casa di amici. In entrambi i casi, sono avvenute delle incredibili magie: al lago, il mitico Paolino (un nome, una garanzia) ha affrontato con successo il rischiosissimo esperimento magico della levitazione delle tette, avvinghiandosi alla preda (una ragazza tedesca resa a sua insaputa protagonista dell'esperimento da parte della perfida amica) per la 65ma volta in carriera (in totale fanno 130 tette in 4-5 anni, non male). A casa di Gilda e Guido, mago Vittorio si è esibito in uno strabiliante susseguirsi di giochi di carte, apparizioni e sparizioni di monete e bicchieri, confermando la sua bravura e ancora una volta lasciando noi spettatori a bocca aperta. Sono certo che fra sette giorni a San Vincent straccerà tutti i suoi avversari! Grande Vittorio!

mercoledì 7 maggio 2008

Il giardino delle quindici pietre

Franti è il cattivo del libro Cuore, quello che rompe i vetri a fiondate. Così si presenta la cult band torinese nella scena punk italiana all’inizio degli ‘80. Con una poesia profonda intrisa nei testi e una miscela di punk, folk, jazz, hard-core e sperimentazioni ad accompagnare la voce irraggiungibile di Lalli.
Il Giardino delle Quindici Pietre è una storia trovata in giro, un luogo realmente esistente di cui nessuno ricorda i particolari. Ma è anche il romanzo mai finito di Stefano Giaccone dalla cui non fine nasce il disco, nelle sue uniche 1550 copie in vinile.

Un disco contaminato, rock per gli autori, in cui la polivalenza dei singoli costruisce un percorso misto, di poesia, recitazione e musica.
Cosa si nasconde nell’opera? Qual è la pietra che sfugge?
Un sottile filo di mistero perso in un senso di irraggiungibilità e irrealtà permeano questo album onirico. Dodici brani recitati e suonati scivolano in un letto di fiati-piano-parole-corde tirate all'estremo che si portano via i detriti dei nostri grovigli mentali. Tutto comincia con “Il battito del cuore”, rock-steady antico in cui i versi recitati da Lalli affiorano come un risveglio dall’inquietudine. Si prosegue con lo psycho-rock di “Acqua di Luna”, colonna sonora del video “Untreu” di Mimmo Calopresti e Claudio Paletto. “L’uomo sul balcone di Beckett” è un macigno scagliato dalla voce di Lalli verso i nostri animi intenti ad ascoltare versi, come ho sognato di sentire una chiave aprir la mia porta. “Every time” è un acid-blues che sfuma a fine lato A per riprendere quando giriamo il disco. Seguono brevi secondi di tributo ai Negazione, altra cult band dell’underground d’epoca. E ancora “Hollywood Army”, heavy-punk al modo dei Kina (l’altro gruppo dei primi vagiti punk italiani, insieme ai CCCP), con il suo seguito naturale “Big Black Mothers”, racconto hard-core in italiano e inglese. “Micro’ Micro’” ed “Elena 5 e 9” sono spazi per gli assoli di Lalli e del suo strumento-voce e di Giaccone che sembra smontare il sax procurandoci un brivido. L’ultimo brano recitato è “Nel giorno secolo”, marcia musicata di una poesia di Mario Boi a cui fa seguito “A suivre” che chiude il capolavoro con un duetto armonioso di piano e trombone.

Dopo l’ultima nota, quando il braccio meccanico ritorna in posizione off e il vinile si ferma, quando è girata l’ultima pagina del libro di poesie-racconti-testi-disegni b/w, che fa da contenitore e contenuto stesso dell’opera, quello che aleggia nell’aria è un pensiero, la quindicesima pietra che appare, un desiderio di scappare …via, lontano da qui.



















Il Giardino delle Quindici Pietre (Franti)
Blu-Bus/p.e.a.c.e. - 1986

il battito del cuore
acqua di luna
l’uomo sul balcone di beckett
every time … da Attica …
every time … a Soweto
ai “negazione”
hollywood army
big black mothers
micro’ micro’
elena 5 e 9
nel giorno secolo
à suivre


Il giardino delle quindici pietre è un luogo realmente esistente di cui però non ricordiamo più la storia nei suoi particolari né come l’abbiamo appresa.

In Giappone, nel periodo medioevale, un imperatore volle far progettare e costruire un giardino nella sua residenza, dall’architetto più famoso del paese. Dopo innumerevoli anni di lavoro l’architetto fece chiamare l’imperatore comunicandogli che il giardino era stato ultimato. L’imperatore rimase sconcertato: chiuso in un perimetro rettangolare in muratura, un piccolo giardino verdissimo era tutto il risultato di anni d’attesa. Sparsi però per il giardino vi erano dei massi enormi, conficcati nel terreno. L’architetto propose all’imperatore di contare le pietre. “Sono quattordici” egli rispose. Si spostarono poi in altri punti del giardino ed ogni volta l’architetto chiedeva al signore di contare le pietre. “Sono quattordici, ne sono sicuro”.
L’architetto prese allora un gesso ed iniziò a numerare i massi. Alla fine se ne contarono quindici. L’architetto spiegò al re che aveva posizionato i massi in modo tale che, da qualunque parte li si osservasse, se ne scorgevano solo e sempre quattordici, uno di meno di quelli realmente presenti.
(Storia trovata in giro)

martedì 6 maggio 2008

Il Palio

Era il 1990, le medie appena finite, notti magiche dentro le radio e negli stadi, nelle città e nei piccoli borghi della provincia italiana, quella dei bar che sulla scia degli '80 si portavano ancora dietro le briscole e le sedie colorate di plastica, in finto vimini. Anche lassù, fra le colline, nel bel mezzo delle Prealpi, proprio là c'era un paese in festa, dove le sedie gialle erano al "Pupulin" e il grande Peppo in piedi fra i tavoli, dove ancora si caricava a bastoni, a servire spume e a schiacciarmi occhiolini quando di frodo allungavo una mano tra i ghiaccioli alla menta.
Quel pomeriggio, mi aveva detto che un altr'anno ce l'avrei fatta senza discussioni a tagliare il traguardo per primo. E forse il vecchio Peppo esagerava o non aveva il senso della misura, questo sì e me ne accorsi quando più avanti morì di diabete, tanto che me ne occorsero altri tre di anni per vincere la "maratona". Non era New York, non era nemmeno la Strà Milano. Ma per un ragazzino dei Martitt portare la bandiera giallo-verde alta nel vento per tutta la salita finale e strappare scrosci di applausi e vincerla quella bestia di maratona del Palio, beh, valeva in pieno come alzare la coppa del mondo.
Eppure era ancora il '90 e quella vittoria un mio ambizioso pensiero, e quella sera la piazzetta si riempì in un attimo come ogni volta. Perchè in quei giorni a Gemonio non erano i mondiali a riempire le vie, ancora acerbi ai primi di giugno, quando l'Italia se la vedeva con l'Austria e Baggio e Schillaci erano in fase di riscaldamento. C'era un paese lassù e proprio lì passava una festa diversa, paesana, pura e multicolore, una festa a quattro condivisa per quindici giorni da centinaia di persone. Questo era il Palio. E tra le vie bardate del mio paese, si allungavano striscioni-gonfaloni-bandiere dei quattro rioni. E “giù al campo”, durante le gare, c’erano trombe da stadio - lo giuro - e coriandoli fatti con i pezzi di giornale, come a San Siro o al Comunale. Come sempre si terminò nel tripudio, non ricordo bene neanche se fossimo noi, quelli della "biscia", i vincitori, o forse i rivali di sempre, San Pietro o la Piazza o l'inesperta che sarebbe diventata regina negli anni a venire, la Mirabella. E in piazzetta Martitt si festeggiava ancora come lo si era fatto per tutti gli '80. E c'erano tutti, ragazzini già brilli, uomini e donne ai tavoli a tagliare torte enormi e a stappare bottiglie, Spumador e spumanti a colmare le coppe d'ottone fresche di premiazione.
L'ultima sera del Palio è rimasta incastrata nei miei ricordi e quando la trovo mi viene sempre voglia di ripescarne un dettaglio, un tragicomico particolare. Come quello di Gianluca R, al secolo Sampei, colto dal sonno sul muretto di Via Trento e recuperato dai passanti la mattina dopo; o come il bagno in mutande nella fontana di Cosimo P detto Cocò; o le spedizioni festose della carovana dei vincitori nei cortili avversari a suon di claxon e bevute, in barba all’età scolare.
Questo e altro era il Palio. Questo e altro la sua ultima sera, che si sarebbe poi ripetuta. Ma forse l’età o gli esplosivi novanta se la sarebbero portata via, ma non per sempre.
Chiudo gli occhi e ci penso.

lunedì 5 maggio 2008