Affascina prendersi mezza giornata di ferie e decidere di fare quello che ti pare, almeno per un pomeriggio. Così lascio il cancello del lavoro con poca fame fisica e il desiderio mentale di andarmene. Prendo la strada che porta a Milano, chilometri di asfalto verso una meta incerta. Chissà se verranno. L'appuntamento è in libreria, ci arrivo dopo un'ora di macchina, un viaggio soffocante nel sottosuolo e una serie di vagabondaggi vitali dalle parti del centro. Sono in libreria, la musica non manca come l'aria. Trovo uno spazio, ancora troppo piccolo per i miei gusti, adattato da qualche mano macabra a scaffale per vinili. Affondo le dita e scorro una ristampa dopo l'altra a 30 euro minimo l'una. Me ne vado a cercare un posto vicino al palchetto in preallestimento, molto meglio così. Prendo una sedia a caso, un sorso d'acqua e aspetto.
Sono le quattro e mezza. Mi farà compagnia un libro di Delillo per le prossime due ore, ma fatico a leggere perchè troppo si muove nelle mie vicinanze. E poi c'è meno ossigeno che sull'Himalaya, penso. Altra sorsata. Respiri ripetuti, non sufficienti, ma me li faccio bastare da bravo animale in adattamento all'ambiente. E se potessi cambierei pure pelle per mimetizzarmi, vedere e non farmi vedere. Mi nascondi nel libro, Don? Leggo finchè posso, addormento gli occhi ogni tanto, li riapro e riprendo a girovagare. Non arrivano più questi CCCP.
Quando riprendo posto, c'è già una piccola ressa e questo vuol dire che non manca poi molto. Siedo dietro un anziano col bastone e mi chiedo se veramente saranno loro a parlare su quel palchetto. Una ragazza mi dice che ci sono sempre i presenzialisti, non se ne perdono uno di incontro. Come te, penso. L'anziano sonnecchia e mi è simpatico: mi va di credere che sia qui perchè li ha ascoltati nelle balere emiliane venticinque anni fa e gli sono piaciuti. La ragazza si è appropriata della sedia alla mia destra. E' seduta da pochi minuti e so già tutto di lei: è di Napoli provincia-insegna lettere alle medie-aveva un ragazzo delle mie parti ma ora non più e ha cambiato in meglio-le piace il jazz e in particolare un tipo che suona il contrabbasso-è del settantasette-vive a milano da cinque anni-si fa le canne-soffoca pure lei e mentre straparla si allenta la camicia sul petto-mi tocca pure una gamba-ci manca che mi dica il colore delle mutande-se le ha-se ti sentisse il vecchietto.
Quando finisco la bottiglietta d'acqua penso di non avere più scampo, il soffocamento mi avrà, ma improvvisamente la tipa chiude la bocca perchè lassù ha iniziato a parlare qualcun'altro ed è molto più interessante ed è Annarella a rompere il ghiaccio. Benemerita soubrette! Affascinante nel suo abito nero, senza i travestimenti crudi dell'esperienza sul palco. Che pure quelli erano chic, a modo loro. Scopro che dopo i CCCP ha viaggiato per l'India e di ritorno ha aperto un'erboristeria. Ora che sto scrivendo mi sono già preso la briga di visitarne il sito, cercate annarella giudici su google. Annarella la timida che cede alla poesia e ci regala alcuni versi del Ferretti assente giustificato, in sua vece. Annarella che alla fine mi parla mi sorride e mi ringrazia. Annarella che è umana e io che pensavo fosse inavvicinabile. Anche Zamboni è umano, Massimo al centro del palco che ci racconta della Berlino Est e del mondo CCCP che nasceva a Carpi e finiva a Vladivostok. E con la chitarra lui lo ha girato quel mondo, comprando abiti usati in Germania Est, raccogliendo tutto il rifiuto dell'occidente, pezzi di metallo insieme a Fatur per rendere loro omaggio sul palco, con una luce in grado di dare vita a quei ferri morti. Mi ha colpito quando ha detto che oggi è ancora possibile ritagliarsi uno spazio nell'arte, purchè lo si faccia mantenendosi umili e intelligenti e dedicandosi in pieno a quello che si vuole. Massimo che confessa che ancora oggi non studia non lavora non guarda la tivù non va al cinema e non fa sport come vent'anni or sono. Beh in fondo qualcosa fa, se è qui a parlare, ma tutto a modo suo. E di Fatur che dire: prima di tutto che è enorme! Se pensi ai muscoli del mimo che danzava sul palco, non ci puoi credere. Occhiali, cappello, pantaloni corti e anarchia rimasta stampata sulla pelle. Danilo ha fatto alcuni cd sperimentali e continua a suonare nei centri sociali, cavalcando rottami di macchine e di trattori, sudando e gridando e mantenendosi artista di un popolo che non vuole smettere di resistere. Gli artisti smettono di parlare, le domande dei curiosi si susseguono, gli artisti ci fanno ridere e ricordare quella musica. Chi ha avuto la fortuna di partecipare al concerto in cui ballarono nudi e che andò in prima pagina sul Resto del Carlino lascia la sua testimonianza, dopo si dà spazio al video di un live spensierato, di una ventina di anni fa quando era ancora lecito mischiare paranoia punk a walzer di rozz-emilia e parlare di islam nei brani, prima che tutto ridiventasse moda, occidente, paranoia.
appena nato dalla parte di sotto, questo blog è un inno alla parte sbagliata. quella che riguarda un po' tutti, bene o male. ma senza pretese
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
si, questo blog mi piace.
Posta un commento