appena nato dalla parte di sotto, questo blog è un inno alla parte sbagliata. quella che riguarda un po' tutti, bene o male. ma senza pretese
venerdì 4 dicembre 2009
Mentre ascolto Paranoid Android
mentre ascolto paranoid android dei radiohead penso che ho una marea di voci nella mia testa, lo canta tom yorke ma è una cosa di cui mi rendo conto sempre più spesso, questo vorrei spiegare, che ho sempre un unico interminabile flusso di pensieri dentro la mia testa, continuo a pensare alle cose come potrebbero accadere se io non fossi presente in quel momento. successioni di immagini, è un flusso continuo. le immagini a volte possono spiegare quanto nessun insieme di parole è capace di fare. o di azioni. o di espressioni del viso. immagini. e dentro di esse a volte non riesco bene a districarmi proprio perchè c'è un disturbo di fondo, ed ecco che le immagini diventano suono, o almeno una fusione di forme, linee, contorni in continua evoluzione il cui movimento è dettato dalle onde sonore. quando scoppia la musica nei dintorni della mia persona non posso fare altro che lasciarmi rapire, non ho mai saputo scrivere o leggere o pensare attivamente in sua presenza. non so fare neanche due più due se c'è una canzone nei miei pressi, sembra quasi che sia lei stessa a volermi e non mi posso negare. o almeno è la mia mente che automaticamente si lascia trasportare. a volte la musica è un flusso di parole, una sinfonia che davvero diventa sintonia, è proprio questo il senso...se esiste qualcuno che sa parlare il tuo linguaggio, a chi altro dovresti dedicare la tua attenzione? verso quale altro orizzonte rosso e credibile puoi scagliare il tuo sguardo? quello è il momento di lasciare che i due pensieri, le due forme di linguaggio si fondano per divenirne una soltanto. non è romanticismo, è quasi fisica, oppure se vogliamo è una forma di psicologia, è un'attrazione, un'innamoramento verbale, mentale ecco. tutto è mentale quando sei immerso in un vuoto in cui il corpo non può nulla, e l'energia che contiene comincia a scorrere fino a dover sgorgare da qualche parte per non bruciarlo. e sgorga in un pensiero che può diventare incandescente. c'è solo il pensiero che agisce anche senza azione, senza volontà, quasi a catapulta. avevo questo in mente. questo sentiva il bisogno di uscire, in questo momento di paranoia in cui l'androide prende possesso dell'uomo e lo dissolve nel suo fluido paralizzante. in quale pianeta abita il pensiero?
mercoledì 25 novembre 2009
giovedì 29 ottobre 2009
Fondamentale
Esiste una continuità in quello che facciamo, nonostante a volte possa sembrare impossibile perché sembra essersi interrotta. Le situazioni cambiano spesso, è naturale che sia così. Ma il cambiamento è l'aria di cui abbiamo bisogno per non soffocare.
E' nell'ordine delle cose naturali cambiare, dare seguito all'esigenza di mutare la propria condizione per un puro istinto animale di sopravvivenza.
Così, riceviamo dall'esterno un impulso, uno stimolo che ci mette in allerta, e domandiamo a noi stessi: quanto vale la pena?
Ogni volta che me lo chiedo, trovo sempre la stessa risposta, che è una domanda: quanto ti senti vivo?
Non c'è mai il tempo di riflettere su questo dubbio, perché per me è istintivo proiettarmi al cambiamento, anche se spesso non ho abbastanza forza di volontà, abbastanza distacco dalle mie convinzioni che, detto tra noi, sono poche e molto comuni. Sono convinzioni futili, mascherate da certezza, mentre in realtà sono debolezze d'animo.
Le vere convinzioni sono immutabili anche di fronte a catastrofi di indecisioni. Sono i cardini della mia vita, il mio sangue, il mio contatto continuo con la mia anima esterna, il mio tempo residuo.
Tutto il resto è in continua evoluzione. E' il cambiamento che amplifica la stabilità delle cose per me fondamentali.
E' nell'ordine delle cose naturali cambiare, dare seguito all'esigenza di mutare la propria condizione per un puro istinto animale di sopravvivenza.
Così, riceviamo dall'esterno un impulso, uno stimolo che ci mette in allerta, e domandiamo a noi stessi: quanto vale la pena?
Ogni volta che me lo chiedo, trovo sempre la stessa risposta, che è una domanda: quanto ti senti vivo?
Non c'è mai il tempo di riflettere su questo dubbio, perché per me è istintivo proiettarmi al cambiamento, anche se spesso non ho abbastanza forza di volontà, abbastanza distacco dalle mie convinzioni che, detto tra noi, sono poche e molto comuni. Sono convinzioni futili, mascherate da certezza, mentre in realtà sono debolezze d'animo.
Le vere convinzioni sono immutabili anche di fronte a catastrofi di indecisioni. Sono i cardini della mia vita, il mio sangue, il mio contatto continuo con la mia anima esterna, il mio tempo residuo.
Tutto il resto è in continua evoluzione. E' il cambiamento che amplifica la stabilità delle cose per me fondamentali.
giovedì 16 aprile 2009
martedì 14 aprile 2009
Bunjee Jumping mentale: chimica del pensiero
...ritorno dalla Francia, Saint Michel, Montmartre, rue de la Musique...la mente ancora a mollo nel letto della Senna, così musicale...ma chanson libre, un vecchio 45 giri di Battisti desideroso di essere portato via...la luna era piena a fianco di Notre Dame! e i mostri a proteggerla. Luna così glaciale, una macchia pallida dispersa tutto intorno, avrei voluto scrivere al mondo come Pierrot...oggi il sole è alto dentro l'azzurro, lontano 1000 km. Cielo solido di una Luino improvvisa, non una scalfittura di nuvole a infrangerlo come fanno gli aerei, o le barche senza pietà sulla pelle del lago. Le giornate parigine invece sono state variabili, giornate di vento e di sole e di piogge improvvise nascoste dentro nubi innocue a vederle galleggiare alte nel cielo e poi, improvvisamente, plumbee nell'ombra delle vie. Variabili fisiche, un'altalena di pressioni basse e poi alte e temperature senza equilibrio. Come se una parte del mio pensiero si fosse riversata nella grande coppa del cielo a testa in giù, nella vertigine del Bunjee Jumping mentale. Coppa rovesciata, pensieri come molecole libere di piovermi addosso e di riemergere senza peso. Facile perdersi col pensiero tra i boulevard. Dimenticarsi pezzi di realtà, giocare a sfuggirne.Tramutarsi in molecole, lasciarsi trasportare. Diventare suono, profumo di pioggia, frammenti di chimica grandi come granelli di sabbia, colpire gli occhi di chi non sa guardare senza farsi un giro vorticoso nei sogni. Di Montmartre ricordo bene il tepore, il sole scivolare sulla pelle in microgocce di sudore...pelle di aprile, ancora vergine e nuda, scaldata da un alito di primavera incipiente. Poi la pioggia forte, brividi dispersi sulla schiena febbricitante, l'acqua del cielo diventata ghiaccio nel cuore di Saint Michel. E ancora i ponti, le strade, le luci, il verde chiaro e gli steli a reggere fragili petali di colore. Qualche profumo amaro, la nutella (yum-yum), un solletico al cuore nella prima notte e tu...poi la luna ha reso i pensieri di ghiaccio, il suo tramonto li ha tramutati in gocce ancora non bene identificate...
tratto da "Il Sognatore e le Nuvole"
romanzo mai nato di
Paolo Clarà
tratto da "Il Sognatore e le Nuvole"
romanzo mai nato di
Paolo Clarà
domenica 25 gennaio 2009
martedì 13 gennaio 2009
venerdì 9 gennaio 2009
Elogio del Franco Ossola
"Là in fondo, dietro le case arroccate intorno alla Chiesa di San Rocco, oltre la collina e il Lago, laggiù, insediata dal medioevo ai piedi delle castellanze arroccate sui colli, in un punto non lontano da un estremo della penisola, la città viveva, la patria del calcio era lì, Varese, nobile decaduta, e nel suo cuore, ferito ma fiero, era stato posto il più pregevole monumento che l’uomo avesse mai costruito, il Franco Ossola".
venerdì 2 gennaio 2009
Paz!
Non so disegnare, a volte mi lascio andare a qualcosa di istintivo, piccoli schizzi con la penna, ghirigori da cui nascono più che altro facce con nasi enormi e orecchie a punta, mie ossessioni da sempre. Ricordo un esperimento che provammo a scuola, disegnare linee liberamente con l'attenzione alla musica e riempirne gli spazi con i colori per creare delle figure immaginarie, forse nascoste dentro di noi e improvvisamente identificate sulla carta. Ricordo che le mie linee diedero alla luce un mostro a due teste, una delle quali portava un anello al naso, tipo toro o guerriero tribale, e una lunga barba che colorai immediatamente di viola. Quando ripeto questo gioco istintivo ancora oggi per fatti miei, nelle pause in cui mi isolo da tutto quanto mi passa attorno, vengono fuori dei volti strani e tutto sommato espressivi, lunghi musi tipo fratelli Dalton con piccoli baffetti appuntiti sotto i loro nasi ingombranti; zigomi rotti di pugili e occhi capillarizzati; mostri tutto proboscide-orecchie-ali; lingue di serpente a doppia o tripla punta spuntate da labbra di donne superdotate. Ho paura di questi soggetti, confesso. A volte mi esce la divertente accoppiata naso-mento di Zanardi. Penso spesso al nasone di Zanardi...che nella mia testa ho sempre associato a quello di un ragazzo di Gemonio e questo fa ancora più paura. Conosco Pazienza solo come "personaggio" cult ma poco come fumettista, a volte purtroppo si accentuano solo le cose più superficiali delle persone, le apparenze, i discorsi fatti intorno ai loro modi di vivere e si fa meno luce su quello che hanno prodotto, questo vale per gli artisti ma anche per le persone più "normali". Per capirne di più su Paz, sono andato a cercarmi qualcosa in internet e ho trovato questo.
Buon duemilanove e che l'anno porti colore al mondo.
Buon duemilanove e che l'anno porti colore al mondo.
giovedì 1 gennaio 2009
I Fannulloni - nr. 3
Al di là dell'ospite "Pulsatilla"...
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leggerezze,
per non saper nè leggere nè scrivere
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